domenica 30 ottobre 2011

Chi ha tempo, non aspetti tempo

Spesso qualche goccia si staglia tra le altre, controvento.
C’è una pioggia fitta e obliqua fuori dalla mia finestra senza tenda, con gocce anticonformiste.
Il cielo scuro è un telo pesante che lascia vedere l’azzurro tra i palazzi, all’estremità del suo lembo.

Questa storia, pur così semplice, dell’orario vecchio/nuovo mi confonde da quasi trent’anni.
Non ho spostato l’orologio… il mio telefono a mala pena telefona, figuriamoci se cambia orario da solo. Il mio amore dorme al buio e all’oscuro.
Anche se fino a dieci minuti fa pensavo di essere in ritardo, ora so di essere in anticipo.
Strano. Inconsapevolmente in anticipo: mai prima d'ora. Inconsapevolmente in ritardo un mucchio di volte. In ritardo per capire, in ritardo per studiare, in ritardo per lavorare.
Ho tre quarti d’ora in regalo prima di girare le lancette col dito, prima di rimettermi sul tapis roulant.
L’ora legale è un’illusione, una delle tante, un modo come un altro per far quadrare i conti. È come l’anno bisestile: i flussi non si possono fermare, quindi si trova il modo di canalizzarli, diminuire la loro potenza, controllarli. Si fanno delle raccolte di tempo da tirar fuori all'occorrenza. Così con le parole.
Ma cosa sono 45 – ora 35 – minuti di fronte all’eternità? Ho perso talmente tanto tempo nella mia vita, soprattutto a lamentarmi...

(risata isterica fuori campo)

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