lunedì 12 dicembre 2011

Clavis aurea

Le chiavi possono essere parole, onorificenze, elementi architettonici, informatici e musicali, attrezzi.
Chiavi di casa, della catena della bici, della cassetta della posta, del lucchetto della valigia, della nonna (tanto grandi che nessun portachiavi potrà mai “portare”)...
La mia chiave non chiude.
Apre, ma non chiude.
Se devo andare a prendere il treno, o perdo il treno cercando di girare la chiave o lascio la porta di casa aperta: devo rifare la chiave, o la serratura.
La mia chiave ha aperto pochi usci relazionali, e quando l'ho forzata si è rotta.
Ha chiuso rapporti di scatto, a doppia mandata.
Ho aperto legami e chiuso relazioni (difficilmente/difficilmente).
Ho riempito serrature di colla bicomponente.
Ho riaperto vincoli socchiusi e sfondato porte aperte (difficilmente/difficilmente).
Avere un mazzo di chiavi rigoglioso, che ti gonfia la tasca, ha i suoi vantaggi, ma pesa.
Ho aperto tante porte per la prima volta, e avuto la visione prima che si ha dei luoghi, una volta soltanto... poi mai più. Poi l'abitudine.

Perdere le chiavi è una delle cose più fastidiose: ho avuto le chiavi di casa troppo presto, a nove anni, e non ce n'era motivo dato che non uscivo ancora senza i miei genitori. Le ho avute perché le avevano i miei fratelli adulti, e allora con la mia tecnica del martellamento (meglio nota come intontimento da chiacchiera) le ho ottenute anch'io. Erano verdi, e le ho perse in un nano-secondo. In realtà ho perso la borsetta in cui erano contenute, e mi sono subito auto-denunciata (non avevo ancora idea che se c'è una cosa che non premia coi miei è la sincerità; l'avrei capito solo più tardi, a mie spese, anche un po' a loro spese). La seconda volta che ho perso le chiavi di casa avevo quattordici anni e non le avevo veramente perse, ma mi erano cadute sotto l'armadio di una mia amica, senza che me ne accorgessi, e dopo qualche giorno lei le aveva ritrovate e me le aveva ridate... nel frattempo a casa avevano già cambiato tutte le toppe e io avevo avuto il mio "cazziatone ferma-cuore".

Si definisce “cazziatone ferma-cuore” un particolare tipo di rimprovero che arriva da un luogo lontanissimo nelle viscere di chi lo sta per muovere a una velocità supersonica, ma data la distanza, tu immagini che ci metta un po' a sopraggiungere, quindi ti prepari alla svelta, ma la sveltezza non è mai abbastanza, e quello arriva, e avendo viaggiato nella stessa direzione del moto della terra, arriva ancora prima, ti coglie e tu smetti di respirare, e il tuo cuore smette di battere per qualche secondo, ti formicola il braccio sinistro, e una scossa ti arriva sotto l’ascella dalla punta delle dita.

Chiavi non ne ho più perse, ma ne ho cambiate parecchie: sono cambiate le porte, le case, i portachiavi, io.

(Rumore di chiavi: è arrivato! TRUC-TRUC-TRUC)

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