domenica 29 aprile 2012

Raccontino 5/n (Febbraio 2009)

Lettera a una generazione mista

Ciao Pulce!
Devo scriverti, perché sei ancora troppo piccolo per capire e per ricordare, e queste parole che rimarranno sulla carta potrai rileggerle quando vorrai, se vorrai, anche quando sarai in grado di capirle meglio.
Devo scriverti oggi perché tornato da scuola mi hai detto che ti senti “invaso dagli extracomunitari”…
A volte ripeti delle frasi che senti quasi senza capirne il senso profondo.
Penso di poter fare qualcosa per te, che adesso nessun altro può fare, e che sicuramente farà qualcun altro, ma più tardi, ed io non voglio correre il rischio che sia troppo tardi.
Voglio aiutarti ad attraversare certi confini.
Un sociologo polacco ha detto: «I confini sono tracciati per creare differenze, per distinguere un luogo dal resto dello spazio, un periodo dal resto del tempo, una categoria di creature umane dal resto dell'umanità... Creare delle differenze significa modificare le probabilità: rendere certi eventi più probabili e altri meno, se non addirittura impossibili».
Io sono cresciuta in una famiglia “normale” con mamma e papà vicini, innamorati tra loro, con un livello culturale medio-basso, che non mi hanno fatto mancare nulla, mi hanno fatto studiare quando ho capito che era quello che volevo, non mi hanno ostacolata, e li ringrazio per questo.
Non so tu come voglia diventare, ma io ti voglio offrire una possibilità che a me è stata offerta “da grande”, e questo lo faccio perché rivedo me in te, sei un bambino maturo, e so che puoi diventare una persona ottima, una di quelle che io stimerei, e che sceglierei come amica.
 Lo so che incontrerai un sacco di persone importanti per te, che concorreranno alla formazione delle tue idee,  ma io voglio solo spianare la strada a queste persone… voglio che gli amici che sceglierai per te, che adesso ti sembrano così pochi, e che ti fanno arrabbiare per davvero molto poco, saranno alla tua altezza.
Io consideravo gli animali oggetti, a volte sporchi, altre pericolosi; amavo solo la musica e i film commerciali; pensavo di non avere difetti, e che fossero sempre gli altri a sbagliare; davo molto alle persone che mi interessavano, ma mi sentivo autorizzata a pretendere; non avevo capito, né mi interessava, la differenza tra destra e sinistra, non mi piaceva studiare; il diverso da me mi spaventava; non conoscevo Beethoven, i Beatles, Bach, i Queen, Mozart: la musica è un linguaggio universale, perché è di Dio, un Dio unico, senza confini.
Praticamente niente di diverso di tanti ragazzini della tua età.
Adesso sono tante le cose che devo ancora capire e imparare, ma alcune le ho ben presenti: so da che parte stare, e anche se, come dici tu, non riesco a guardare un telegiornale senza innervosirmi, questo non vuol dire che non sono felice, perennemente insoddisfatta, ma felice: felice di essere cambiata, felice della mia insoddisfazione.
L’autocompiacimento non serve a nulla, e tu farai tutta una serie di sbagli prima di scoprirlo, e ti auguro di “soffrire” un po’, perché gli intelligenti soffrono, ma poi c’è sempre la catarsi.
Ti auguro di viaggiare, di trovare sulla tua strada poche persone, ma buone, ti auguro una Nella, un Lorenzo:  amici che si faranno perdonare tutte le loro marachelle, con i quali non potrai tenere il broncio più di tanto, perché scoprirai che nessuno è perfetto, ma alcuni si approssimano alla perfezione!
Ricordati che i confini sono affascinanti: hotel, aeroporti, stazioni, phone point internazionali: non luoghi dove sani e purificanti flussi di diversità attraversano corpi meccanicamente e fisiologicamente uguali…
Attraversare i confini aiuta ad annullarli, ad averne al proprio attivo talmente tanti da neutralizzare quelli mentali, duri a morire.
L’auspicio, non la minaccia, è una nuova Babele dove mattoncini diversi ma uguali, come quelli del Tetris, si uniscono e, pur mantenendo invariate le proprie caratteristiche, si compattano: nel gioco del Tetris, infatti, il problema si ha quando si creano dei buchi, delle distanze difficili da colmare, causate dalla posizione di chi ha già trovato il suo posto, dalla velocità di chi arriva… sta a noi fare game over o best score!
Nascere in un posto piuttosto che in un altro non dipende da noi, da intelligenza, furbizia e destrezza, nascere in una famiglia, incontrare delle persone: è il caso che decide.
La scelta avviene dopo, la scelta di “lontano da chi”, e di “con chi”… la scelta di abbattere i confini creati dagli altri, la scelta di non vederne, ovunque, a migliaia, di non trincerarsi.
Chi costruisce limiti è la bassa manovalanza che si nasconde dietro nomi, condizioni, varianti cromatiche.
Un personaggio del mio telefilm preferito una volta ha detto: «A un certo punto devi prendere una decisione: i confini non tengono fuori gli altri, servono solo a soffocarti. La vita è un problema e noi siamo fatti così. Quindi puoi sprecare la tua vita a tracciare confini. Oppure puoi decidere di vivere superandoli. Ma ci sono dei confini che è decisamente troppo pericoloso varcare. Però una cosa la so: se sei pronto a correre il rischio, la vita dall'altra parte è spettacolare».
Non pretendo che tu capisca ora, ma promettimi che rileggerai questa lettera quando sarai più grande e che capirai cosa c’è di brutto nella frase che hai detto oggi.

Licia

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