sabato 30 gennaio 2016

Vivo quindi scrivo: hell yeah!

Carusi carusiedi (cit.): viva sugnu!

Oggi #miomarito, con il quale ieri abbiamo fatto sei mesi di famiglia tradizionale e 17 anni dal primo bacio non tradizionale, lavora tutto il giorno, e pure domani, per arrotondare (il classico "rattidduzzu", if u know what I mean).

Io, invece, sto a casa e ho in programma una lavatrice/asciugatrice (per un totale di 4 dollari, #addapassanuguaienir #addunocociosole), pulizie, una cucinata mentre butto un occhio a Nashville, molto studio e lavoro. La settimana si preannuncia piena di riunioni, classi, e pagine, pranzi di lavoro e pranzi da saltare, e per sant'Agata (#tuttidevoti) saranno 2 mesi esatti al vomitevole esame... altra ragione per cui maggio* sarà uno dei miei mesi preferiti quest'anno.

Continuando a sforzarmi di concentrarmi sul bicchiere mezzo pieno: la mia amica museo <3 per sentirmi vicina (che dolcina!), mi ha chiesto di mandarle la foto di quello che si vede dalla mia finestra, la foto dell'università, la foto delle piante, la foto del mio posto preferito a Miami, la foto di una mia classe, e una foto insieme a #miomarito. Mi ha anche dato un termine massimo entro il quale mandarle le immagini: mercoledì. Fino a oggi ha piovuto, quindi le foto da esterno non sarebbero venute bene... e data le nostre facce, manco quella di famiglia da interno. La classe: mi punto un reminder per fotografarla quando l'ultimo studente se n'è andato, se no dicono che la prof è no cool! Ma veniamo al posto preferito: ho già chiesto se può essere il letto e lei ha risposto no. Allora il divano!? No... Amica mia, io qua a Miami posti preferiti non ne ho, in Texas ce ne avevo diversi, ma qui solo posti spreferiti finora, perché il dottorato qui è come fare un figlio ma senza figlio, senza batuffolini morbidi e profumati che ti sorridono. È pieno di notti in bianco e metaforici pannolini da cambiare, coliche mentali e mancanza di tempo per renderti presentabile o telefonare a un'amica, ma senza “pucci pucci e bau bau”, senza piedini paffuti o “quant'è duci”, “ha preso da te”, “no da te”, “awwwwwwww”! Pero, amica museo, qualcosa m'inventerò!

Ora, passando all'argomento del giorno, dall'alto della mia novella posizione di esponente della sedicente famiglia naturale, volevo fare una considerazione sui miei simili: io ho conosciuto tante famiglie tradizionali, del mulino bianco, normali insomma, e tra queste, una è formata da un padre, una madre e due figli. Normalissimi. Il padre lavora 15 ore al giorno per potersi permettere una bella casa e una bella macchina. La madre lo aiuta sia lavorando con lui, che lavorando in casa, che avendo un altro part-time. Per queste ragioni, i figli non passano molto tempo insieme ai genitori - soprattutto col padre - eccetto quando, raggiunta un'età sufficiente, iniziano ad aiutare nell'attività commerciale famigliare. La loro vita è fatta di questo. A livello economico non manca nulla, e anche se a livello affettivo si vanno creando lacune più o meno grandi date da disinteressamento e assenze in momenti cruciali, i figli sanno che quella è la normalità e la accettano di buon grado. Anche la mamma accetta e apprezza le poche ore che il marito dedica alla famiglia e a lei come qualcosa di necessario, lo sostiene e lo protegge da alcune male lingue che si sono create su di lui in paese. I paesani, gelosi del suo successo, infatti, sostengono che nelle 15 ore giornaliere di lavoro (sabato e domenica inclusi), l'uomo riesce a trovare il tempo per farsi svariate amanti, anche minorenni. Ma tutto sommato, molti di loro pensano che un po' di svago sia anche meritato per un uomo che lavora come un cane per mantenere la normalità della sua famiglia.
Quando uno dei figli lo scopre in atteggiamenti inequivocabili con una sua (del figlio) coetanea, inizia a pensare che forse la sua famiglia tanto normale non è. Quando il fratello minore si vede sottratto il diritto allo studio perché non parteggia per la normalità che questo bravo padre di famiglia aveva creato con tanta fatica e voleva mantenere a tutti i costi non pensa che questa famiglia tradizionale funzioni. Quando si scopre che quella è solo la punta dell’iceberg e anche la moglie, dopo essersi accontentata degli avanzi per tutta la vita, decide che non è il caso di continuare con una farsa che tutti vedevano chiaramente tranne lei, allora questa normalità si infrange.
Questa era una famiglia tradizionale, una delle tante, formate da: padre italiano, madre italiana, amante rumena, amante rumena, amante italiana, figlio italiano, figlio italiano.
Ma come sono cresciuti questi figli? Com'è andata? Uno se n'è letteralmente scappato dall'Italia per non dover vivere nello stesso paese che aveva ospitato non menzionate situazioni di assurdità in numero crescente, cercando di costruirsi da capo. L’altro è rimasto con la madre, intraprendendo gli studi universitari osteggiati dal padre nonostante la sua indiscutibile propensione. Entrambi combattono ogni giorno con la loro rabbia repressa che a volte raggiunge vette non normali. Nessuno di loro riceve il mantenimento perché il mancato perdono non è stato accettato come normale, neanche a fronte della totale assenza di presa di responsabilità e assunzione di colpa. Nonostante questo, la madre si dice - a ragione - estremamente orgogliosa della famiglia completamente scoglionata che ha oggi e che preferisce la pulita e incerta quotidianità dei suoi figli (e la propria) alle false certezze di un tempo.

Oggi tante famiglie, com'era questa, stanno manifestando contro l'incapacità di famiglie non tradizionali, non naturali e non normali di crescere dei figli in un ambiente sano, perché le figure genitoriali (per forza due e per forza una maschile e una femminile) sono esempi e perché i figli non debbano subire traumi.

Adesso, giurando di non usare la parola n@^§#°e e i suoi derivati per qualche mese, vado a creare i presupposti per non essere vinta dal sonno americano fatto di educazione modulare e compravendita del proprio tempo, e per non maledire quella rara volta che mi parte la tastiera!

* Oggi è Santa Martina! #sapevatelo

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